di Annachiara Mottola di Amato
“AVVISO IMPORTANTE! Comunichiamo al Pubblico che la National Opera of Ukraine ha richiesto alla compagnia del Balletto Classico dell’Ucraina di non mettere questa sera in scena Il lago dei cigni”. Così si legge sul sito del Teatro Sociale di Como che avvisa il pubblico dell’improvviso cambio di programma per le Due Serate per l’Ucraina. Natalia Iordanov, responsabile della tournée in Europa del corpo di ballo è incredula. La mattina del 6 aprile si è svegliata con una mail da parte del Direttore Artistico della National Opera of Ukraine che impone la censura ai suoi ballerini, giustificando così la decisione: “ Non riteniamo possibile in nessun caso per gli artisti ucraini esibirsi con opere di autori russi. Questa è la nostra posizione e vi chiediamo di rispettarla”. La compagnia di ballo, dopo aver ricevuto questa notizia, non ha avuto nemmeno il tempo di realizzare quanto stava accadendo dovendo far fronte all’imprevisto tra chiamate ai teatri, allestimenti e prove generali, ci racconta Natalia Iordanov. Lo spettacolo, infatti, faceva parte di una tournée improvvisata per raccogliere fondi in sostegno degli artisti ucraini e delle loro famiglie. “Ora, con il divieto di ballare sulle note di Tchaikovsky per alcuni dei nostri ballerini, dovremo ripensare tutto, chiamarne altri per sostituirli, forse. Quello che stupisce tutti noi artisti è come sia possibile confondere una cosa così bella con una così brutta e meschina come la guerra”.
Come hanno reagito i ballerini a questo divieto?
Male, ovviamente, con la paura. Hanno paura di essere licenziati. Si tratta di un gruppo di ballerini che appartengono tutti ai diversi teatri in Ucraina, a cui sono legati con dei contratti, non appartengono a delle compagnie svincolate. Tra l’altro c’è stato un lavoro enorme per organizzare questo progetto in poco tempo, per creare gli allestimenti, per permettere agli artisti di esibirsi. Abbiamo fatto l’impossibile e vedere il nostro lavoro ostacolato in questo modo è assurdo.
Vi aspettavate che potesse avvenire qualcosa di simile? C’erano stati dei segnali in precedenza?
No, è accaduto tutto dal nulla. Però, ecco, voglio esplicitare questo fatto: giorni fa è successo che dei ballerini originari di Donetsk, in un’esibizione del Lago dei cigni, hanno fatto la lettera V in sostegno di Putin. Per noi è stato un dolore vedere un palcoscenico strumentalizzato per lanciare questo messaggio. E’ stata una mancanza di rispetto da parte di persone che hanno utilizzato uno spazio pubblico per esprimere un messaggio contro la pace. Ma non c’è solo questo. Molti artisti, anche russi, in queste settimane hanno portato sul palco un messaggio diverso, di solidarietà con il popolo ucraino. E’ quello che stiamo cercando di fare noi ora con la tournée. Russi, ucraini, bielorussi, in questi casi non importa la nazionalità, si tratta di persone che continuano a fare il proprio lavoro portando un messaggio positivo, è ingiusto che vengano colpiti in questo diritto.
Nel frattempo c’è stato un dialogo con le autorità per risolvere la questione?
Abbiamo cercato di sentire tutti e stiamo aspettando una risposta, un supporto. Capiamo benissimo che senza un’eco mediatica non possiamo ottenere niente. Quello che vogliamo evidenziare è che si tratta di un diritto al lavoro, gli artisti in questo momento hanno il diritto di lavorare e supportare le loro famiglie ed è un diritto che non può essere ostacolato fintantoché si lancia un messaggio di pace.
Qual è stata la reazione del Teatro Sociale di Como alla notizia improvvisa del cambio di programma?
Il teatro ha dovuto accettare questo cambio di programma, perché i ragazzi hanno paura e sinceramente noi abbiamo a cuore in primis la loro serenità. Mentre si esibiscono devono sentirsi liberi, non devono temere per il loro futuro. Ci sono stati dei problemi da risolvere, però. Prima di tutto l’allestimento. L’aiuto di Marcello Corvino, direttore del Teatro di Ferrara, dove ci eravamo esibiti il giorno prima con Giselle, è stato fondamentale. Ha caricato su un camion tutto il materiale per lo spettacolo che, in questo modo, ha potuto avere luogo ugualmente.
Qual è la sensazione che si prova a continuare a esibirsi ogni sera mentre nel proprio Paese c’è la guerra?
Per i ballerini il palcoscenico è la loro casa. E’ una cultura, una disciplina che non si può spiegare a parole. Non appena entrano in scena sanno che sono lì per dimostrare la loro personalità, la loro arte. In questo momento portano nel cuore un dolore, ovviamente. La mattina quando si svegliano chiamano le famiglie e chiedono: “Siete vivi? Tutto ok?”. È normale che si portino dietro questo pensiero anche sul palcoscenico e che la vita si mischi all’arte. Ma alla fine è sempre così, chi fa questo mestiere lo sa. Qualunque cosa succeda ti fai coraggio, metti in scena il tuo sorriso migliore e vai avanti. In più il progetto che stiamo portando avanti cerca di dare voce al dramma che il nostro Paese sta vivendo, a quanti sono rimasti li, lo si fa attraverso la danza in questo caso.
Che spiegazione siete riusciti a darvi rispetto a questo atto di censura?
Non sappiamo cosa pensare. Quello che sta avvenendo è assurdo, non riesco ad immaginare come questo patrimonio mondiale che è la musica di Tchaikovsky possa essere considerato un simbolo della Russia di Putin. Inoltre se l’Opera Nazionale Ucraina dichiara indirettamente una cosa del genere usando la censura, questo potrebbe portare a conseguenze ancora più estreme. Anche quando la guerra sarà finita le ferite si rimargineranno col tempo. Che dovremmo fare quindi? Aspettare cento anni, o forse di più, per portare ballare sulle note di Tchaikovsky?
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