Scelta forse scontata, ma il Premier è riuscito a imprimere un cambio di rotta innegabile e davvero straordinario al paese. Ed è il candidato più credibile per il Quirinale
di Velia Iacovino
E’ a Magic Mario o Super Mario, come lo chiamano confidenzialmente i grandi giornali anglosassoni, che la nostra redazione di Associated Medias ha attribuito all’unanimità il titolo italiano di personaggio dell’anno 2021. Dal 13 febbraio scorso, quando ha prestato giuramento assumendo l’incarico di capo del governo, Draghi è riuscito a imprimere un cambio di rotta innegabile e davvero straordinario al paese traghettandolo fuori dalle paludi limacciose in cui lo stavano precipitando l’emergenza Covid da un lato e dall’altro l’alto tasso di litigiosità politica mescolato a segnali forti e inquietanti di pericolose derive sovraniste.
Gli sono bastati solo dieci mesi per fare la differenza, aggiudicarsi un sostegno ampio e trasversale al programma di riforme, che ha assicurato al paese i fondi del recovery plan dell’Unione Europea, e cancellare agli occhi del mondo l’immagine provinciale che l’Italia del nuovo millennio si era cucita, suo malgrado, addosso. Grazie a lui, alla sua innegabile competenza e affidabilità, il paese è riuscito meglio di altri ad arginare la pandemia ed a diventare, come per magia o miracolo, di colpo, smart, competitivo e con le più alte aspettative di crescita nella Ue, tanto da essere incoronato dal severissimo The Economist “Country of the year 2021”, scettro non facile da conquistare.
Insomma l’ex Governatore della Banca d’Italia, dal 2011 al 2019 alla guida della Bce, si è rivelato essere l’uomo giusto al posto giusto. In questo caso Palazzo Chigi, dove c’è però da chiedersi quanto a lungo rimarrà. Nella mappa astrologica del suo futuro si va profilando infatti di giorno in giorno e con sempre maggiore nitidezza la sagoma austera di un altro importante tempio del potere e simbolo della Repubblica, il Quirinale.
La corsa alla massima carica dello stato si aprirà tra breve e sono in molti a scommettere su di lui. Draghi non ha rivali, sostengono numerosi analisti sia in patria che all’estero, osservando che i possibili candidati, alcuni dei quali già scesi in campo, non sono in grado di reggere il confronto, e che per questo l’attuale premier potrebbe spuntarla senza incontrare troppi ostacoli. Uno scenario che non tutti comunque a considerano positivo per il paese, paventando, nel caso in cui Draghi lasciasse la guida dell’esecutivo per prendere il posto del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, un ritorno alla più assoluta instabilità politica.
Comunque andranno le cose, niente forse sarà più come prima. In questa sua esperienza a capo dell’esecutivo, Draghi non ha mai indossato i panni del politico e ha saputo spogliarsi senza problemi dei panni del banchiere, che anche quando era ai vertici di Bankitalia e della Bce gli sono sempre stati stretti, o almeno così è apparso evidente. Senza imitare i suoi predecessori tecnici, ha dimostrato che si può governare in modo nuovo, mettendo i propri talenti al servizio del bene comune.
Fedele in questo forse agli ideali e agli insegnamenti dei suoi grandi maestri, da Federico Caffè, con il quale si laureò a Roma, ai Nobel Franco Modigliani, Paul Samuelson e Robert Solow, incontrati al Mit di Boston. Un’eredità la loro che Draghi ha saputo raccogliere e mettere in pratica, come testimoniano in particolare alcune sue indimenticabile scelte che hanno cambiato la storia d’Europa, da quella sintetizzata nelle tre parole Whatever it takes, diventate un mantra della politica monetaria della Ue, grazie alla quale mise in salvo l’euro durante i giorni drammatici della crisi del 2012, al lancio del programma di acquisto massiccio di titoli noto come Quantitative Easing, messo in atto nel 2015. Rispettato da destra e da sinistra, Draghi non è comunque amato da tutti. C’è chi lo definisce imperscrutabile e dice che “non sai mai cosa stia pensando dietro la sua faccia da poker” e chi lo considera incarnazione dei poteri forti e rappresentante della più cinica finanza internazionale. Critiche generiche almeno finora e senza riscontri.
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