I report dei primi nove mesi rivelano le difficoltà del Corriere e una tenuta importante del Sole. Non più disponibili i dati di Gedi. In sofferenza il mondo delle agenzie di stampa
di Carlo Longo
Erano in crisi prima, e la situazione non poteva migliorare con il Covid che ha causato morte e dolore, ha fermato il Paese, bloccato l’economia e rarefatto ancora di più la pubblicità (già prima risucchiata dai social e dai motori di ricerca): la situazione della stampa italiana, pur avendo avuto un lieve rimbalzo nel terzo trimestre, ha segnato nuovo record negativi nei conti dei primi nove mesi dell’anno delle società quotate che sono stati approvati in queste settimane.
Con una eccezione significativa, e invece un’assenza importante dalle rilevazioni ufficiali: il Gruppo 24 Ore è riuscito a fronteggiare meglio degli altri la situazione, mentre non ci sono dati su come sta andando Gedi visto che John Elkann lo ha, come si dice, delistato, cioè tolto dal listino per cui non ha l’obbligo di rendere noti i bilanci (è noto tuttavia che i due principali quotidiani del gruppo, cioè Repubblica e La Stampa, perdevano copie ricavi e pubblicità secondo le ultime rilevazioni).
Sono invece disponibili i dati di Rcs, Monrif (cioè il gruppo Riffeser, che edita Nazione, Resto del Carlino, Giorno e QN), Class, Sole 24 Ore e Cairo Communication, che raccoglie anche la pubblicità de La7. Nei primi nove mesi dell’anno Rcs ha segnato il record negativo in fatto di ricavi, con meno 26,7 per cento, lasciando sul terreno 180,2 milioni di euro rispetto ai primi nove mesi dell’anno scorso, seguita da Cairo Communication, Class e Monrif. Il Gruppo 24 ore ha fatto invece meglio di tutti perdendo solo il 7,5 per cento, cioè una decina di milioni sui 143,2 milioni di ricavi dell’anno precedente. Se si prende solo il terzo trimestre invece si nota che Rcs dimezza (meno 12,2 il calo dei ricavi), Class recupera i due terzi passando da meno 19,3 nei nove mesi a meno 5 a luglio, agosto e settembre. Il Sole 24 Ore rimbalza invece in positivo con più 5 per cento nei mesi estivi.
In gran parte tali risultati dipendono dall’andamento della pubblicità e delle copie vendute o ricavi diffusionali. Ecco i dati: Rcs ha perso nei nove mesi quasi un terzo dei ricavi pubblicitari, il 31 per cento, Monrif il 14,9 e il Gruppo 24 Ore (il quotidiano, il sito e Radio 24) ha perso solo il 9 per cento. Anche i recuperi del terzo trimestre, quello con l’Italia aperta, premiano il Sole che guadagna il 6,7 per cento mentre gli altri riducono le perdite, eccetto Monrif che fa segnare lo 0,2 per cento in più. Trend che si ripete nei dati diffusionali, dove il quotidiano rosa guadagna nei nove mesi il 4,9 per cento con il quotidiano cartaceo e digitale, i settimanali e mensili e il sito nella parte a pagamento. Rcs perde invece il 16,2 per cento, Monrif il 7,8 per cento. Anche nei mesi della riapertura le distanze si mantengono immutate, anzi il Sole consolida il primato con un più 14,2 per cento, mentre Rcs guadagna solo poco più di tre punti al meno 13,1 per cento e Monrif invece peggiora di poco i dati dei primi sei mesi.
L’andamento dei ricavi si ribalta sui risultati netti: Rcs passa da 40,7 milioni di utile nei primi nove mesi del 2010 ad una perdita di 7,6 milioni, Monrif raddoppia invece le perdite (da 3,8 a 8 milioni), quasi come Class che aggrava le perdita di 3,4 milioni, dà 7 a 10,4 milioni. Il Gruppo 24 Ore passa da un lieve utile nel 2019, 500 mila euro, ad una perdita di 3,4 milioni. Anche la posizione finanziaria netta risente dei mesi difficili e peggiora di 41,1 milioni attestandosi a meno 266 milioni per Rcs e di 20, 5 milioni per il Sole (ora è a meno 46,7 milioni). Quella di Monrif peggiora di solo mezzo milione, a 91,1 milioni, mentre quella di Class sale di 3,7 milioni (a 93,6).
Cairo Communication nella sua “novestrale” ha molto valorizzato il valore aggregato di utenti unici mensili medi (al netto delle duplicazioni), che è di oltre 30,6 milioni (Audiweb Media View) sulle properties digitali di RCS e La7. In particolare il Corriere della Sera è primo quotidiano italiano in edicola e online con 28,9 milioni di utenti unici medi mensili nei primi nove mesi del 2020 e una customer base digitale totale attiva pari a circa 285 mila abbonamenti (+78% rispetto a settembre 2019).
Per quanto riguarda il Sole invece, la copertura straordinaria legata all’emergenza Covid-19 lo ha premiato per autorevolezza sia in edicola sia nella versione digitale. La classifica stilata da Reputation Review Magazine, magazine dedicato alla corporate reputation, posiziona infatti il Sole come primo quotidiano e terza testata media in assoluto più affidabile per il racconto dell’emergenza sanitaria Covid-19 in Italia. Anche il Digital News Report 2020 del Reuters Institute conferma il quotidiano rosa al primo posto tra i quotidiani e al terzo posto in assoluto tra le testate media in termini di brand trust.
In uno scenario così complicato ed economicamente sofferente in cui è coinvolta quella editoria i cui modelli di business sono rimasti a quelli del secolo scorso, è inevitabile che a soffrire siano anche le agenzie di stampa, un tempo preziose perchè fonti di informazione primaria oggi superate perchè chiunque abbia qualcosa da dire lo fa sui socialnetwork. Un cambiamento così radicale da costringere le agenzie di stampa ad investire di più sui propri siti che sui notiziari (un tempo loro prodotti principali) e a diventare così concorrenti diretti dei loro stessi clienti. Una contrapposizione d’interessi netta che sta facendo vacillare i conti economici di quasi tutte le agenzie di stampa, per ora salvati soltanto dalle convenzioni con la Presidenza del Consiglio dei Ministri e con i ministeri vari.
Una situazione che riguarda un pò tutte le agenzie di stampa nazionali ma che in qualche modo tocca un pò di più la principale agenzia di stampa italiana, cioè l’Ansa. La storica agenzia di via della Dataria, benchè nettamente la più grande ed autorevole, ha un proplema in più rispetto alle altre perchè è una cooperativa controllata dai principali quotidiani nazionali, che sono allo stesso tempo azionisti ma anche concorrenti. Il prodotto di Ansa, sotto la direzione giornalistica di Luigi Contu e la presidenza di un maestro di giornalismo ed equilibrio come Giulio Anselmi, sul piano qualitativo ha retto fin qui la sfida, ma è il modello di business che non regge più. Quindi o lo stato segue, ad esempio, il modello francese, dove la France Presse è l’unica agenzia finanziata dallo stato, quindi nazionalizza e finanzia solo l’Ansa, abbandonando al proprio destino le altre agenzie. Oppure l’Ansa dovrà cambiare azionisti. Scenari da futuro prossimo.
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