Il Governo di Meloni ha delineato una strategia a due stadi per risolvere la controversia sul rinnovo delle concessioni balneari, prevedendo la proroga tecnica sino al 2024, e proponendo un processo di analisi delle risorse naturali nelle regioni costiere. Il piano, sottoposto alla Commissione europea e agli enti locali, intende precauzionalmente evitare un brusco scontro con le corti amministrative regionali
di Corinna Pindaro
Il governo Meloni ha proposto un approccio a due livelli in risposta al parere motivato della Commissione Ue nell’ambito della procedura di infrazione per le mancate gare di rinnovo delle concessioni balneari, come riportato in una lettera inviata alla Commissione. Il governo italiano impiegherà una proroga tecnica, con conseguente assenza di gare sino al 2024, estendibile al 31 dicembre 2025, nel caso in cui gli enti locali incontrino ostacoli nel portare a termine le procedure.
La strategia del governo implica un monitoraggio dettagliato per determinare l’effettiva scarsità di spiagge libere, che potrebbe giustificare la limitazione delle gare nelle aree costiere più popolate. A conclusione del monitoraggio, il governo organizzerà una valutazione per la ristrutturazione del settore e l’implementazione di procedure competitive per il rinnovo delle concessioni.
Il governo intende collaborare con le Regioni per identificare criteri adeguati per dettare tali procedure competitive. Alla fine di un periodo di consultazione di quattro mesi, i risultati verranno presentati alla Commissione Europea per il successivo regolamento del settore. Nel frattempo, si manterrà la proroga tecnica, come definito dalla legge sulla concorrenza 118/2022.
Nel documento, si sottolinea la potenzialità per i Comuni di sollevare “ragioni oggettive” che potrebbero impedire il rinnovo delle concessioni attraverso procedure competitive. Queste ragioni saranno soggette a revisione da parte dei giudici amministrativi, tenendo in considerazione le specifiche circostanze territoriali. Questa clausola, seppur vaga, mira a evitare un conflitto diretto con i tribunali amministrativi regionali.
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