Le forze iraniane hanno intrapreso una serie di attacchi sorprendenti in Siria e Iraq. Lanciando missili balistici a Erbil, la capitale del Kurdistan iracheno. Gli Usa hanno, invece, lanciato un nuovo round di attacchi contro obiettivi Houthi nello Yemen
di Mario Tosetti
Yahya Sinwar, dopo aver trascorso 22 anni dietro le sbarre, ha avuto la possibilità di studiare la psicologia del nemico e con i tre video conosceva bene l’impatto che le immagini delle atrocità del 7 ottobre avrebbero avuto. Sinwar sapeva che i video sarebbero stati visti su Internet da migliaia di persone, principalmente israeliane. Prevedeva che la visione avrebbe accentuato la paura, facendo irruzione nelle case e nelle basi militari dell’opposta fazione dove le sue truppe avevano seminato morte e distruzione.
I tre video, diffusi proprio mentre Israele commemorava i 100 giorni dal fatale 7 ottobre, hanno aumentato l’ansia e l’incertezza nella popolazione israeliana, che si dibatte sulla strategia migliore per il rimpatrio dei propri cittadini catturati da Hamas.
Nonostante nessun network televisivo e nessun giornale abbiano trasmesso integralmente le immagini, la maggior parte degli israeliani era consapevole dei contenuti dei video. Questi accusano l’esercito di Israele per la morte di Yossi Sharabi e Itai Svirsky, affermando che il governo li ha abbandonati. Anche se i funzionari militari hanno respinto prontamente tali accuse attribuendole a Hamas, il diffuso senso di ansia e sgomento ha toccato una corrente emotiva a livello nazionale.
Sinwar sembra aver agito proprio con quest’obiettivo. Il leader di Hamas sa che nonostante la pressione internazionale, le proteste globali e le richieste della Casa Bianca, Israele non si è lasciato convincere a terminare la guerra. Sfruttando la propria conoscenza della psicologia israeliana, Sinwar ha deciso di esercitare pressione sulla società.
L’obiettivo di Sinwar è stato reso ancora più palese quando il 14 gennaio ha diffuso il primo dei tre video spaventosi, sperando di sfruttare la vulnerabilità percepita di Israele. A ottobre, aveva utilizzato una tattica simile, colpendo una società già in difficoltà a causa di un’ampia divisione interna sulle questioni giudiziarie, con molti riservisti che minacciavano di non rispondere a un eventuale richiamo alle armi.
Nel frattempo l’onda d’urto della violenza in Medio Oriente si estende sempre di più. Lunedì 15 gennaio, le forze iraniane hanno intrapreso una serie di attacchi sorprendenti in Siria e Iraq. Lanciando missili balistici a Erbil, la capitale del Kurdistan iracheno, l’Iran sembra aver preso di mira un supposto hub di spionaggio del Mossad nella regione, in un presunto tentativo di vendicare l’uccisione di tre comandanti delle Guardie Rivoluzionarie da parte di Israele.
Contrariamente a questa affermazione, il Primo Ministro della Regione Autonoma del Kurdistan, Masrour Barzani, ha definito l’attacco a Erbil come un “crimine contro il popolo curdo”. Afferma inoltre che l’accusa di aver preso di mira un centro del Mossad è infondata. L’Organizzazione non governativa norvegese Hengaw ha segnalato la perdita di almeno cinque civili, compreso un bambino di 11 mesi, nel raid.
Mentre si attendono le prossime mosse di Israele, non si è fatta attendere la risposta dell’Iraq e degli Stati Uniti. Il governo iracheno ha espresso la sua repulsione per l’attacco a Erbil, considerato un’offesa alla sua sovranità e alla sicurezza della sua gente. Il Ministero degli Esteri ha annunciato il suo impegno a intraprendere qualsiasi azione legale necessaria, tra cui un reclamo all’ONU, oltre a istituire una commissione d’inchiesta. La reazione degli Stati Uniti è stata altrettanto inflessibile. Sebbene non ci siano stati danni o vittime americane, il Dipartimento di Stato ha definito gli attacchi “spericolati e imprecisi”, ribadendo il sostegno degli USA all’Iraq.
Le forze statunitensi hanno, inoltre, lanciato un nuovo round di attacchi contro obiettivi Houthi nello Yemen. A rivelarlo alla Reuters sono funzionari USA. I raid sono partiti per bloccare un nuovo imminente round di attacchi dei miliziani contro le navi commerciali. Da novembre gli Houthi hanno lanciato quasi 30 attacchi contro navi mercantili nella regione, collegando le loro azioni alla guerra a Gaza e al sostegno occidentale a Israele. L’attacco statunitense è avvenuto dopo che ieri i militanti avevano colpito il mercantile americano Gibraltar Eagle con un missile balistico.
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