Il capo di Intesa Sanpaolo e l’Italia che è più forte di quanto la dipingono: la vera sfida è sul sociale, dall’aiuto ai più deboli alla valorizzazione dei mestieri strategici, a cominciare dalla sanità. E il debito pubblico va ridotto utilizzando i 300 miliardi di immobili pubblici
di Orsetta Pecci
Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, non parla spesso ma quando lo fa introduce nel dibattito politico quegli elementi di raccordo con l’economia reale e la vita dei cittadini che mancano nel nevrotico dibattito politico italiano, quello che comincia e finisce con il mero posizionamento tattico dei protagonisti rispetto ai temi del momento, per dimenticarli subito dopo.
Ecco, in estrema sintesi, cosa ha detto Messina al direttore de La Stampa Andrea Malaguti, il quale giustamente ne ha fatto l’apertura del giornale torinese di qualche giorno fa: 1. le aziende che vanno bene e fanno profitti devono aumentare gli stipendi dei propri dipendenti, come hanno fatto le banche (trainate proprio da Intesa, prima banca italiana) nel rinnovo del contratto. Lo stesso vale per i “mestieri strategici”, a cominciare da medici e infermieri perchè la sanità è fondamentale anche per il buon andamento dell’economia. 2. bisogna ridurre il debito pubblico non per far piacere all’Europa, ma perchè serve all’Italia e alle sue generazioni future e lo si può fare valorizzando e in parte vendendo il patrimonio immobiliare pubblico che vale 300 miliardi di euro. 3. Serve accelerare gli investimenti “bisogna imparare a spendere meglio: l’importante è non farsi frenare da chi dice che le cose non si possono fare: immaginare nuove soluzioni ogni giorno è il mestiere di ciascuno di noi, anche se costa fatica farlo”. 4. Abbiamo utilizzato i fondi del Pnrr ancora in maniera limitata: se acceleriamo nel 2024 l’economia crescerà. Comunque, anche il debito degli altri paesi è cresciuto. Noi abbiamo alcuni punti di debolezza, ma anche tanti punti di forza”. 5. La tassa sugli extraprofitti bancari: “a maggio sono stato l’unico a dire che se la extratassazione fosse stata usata contro le disuguaglianze, noi saremmo stati a favore”.
E qui, con quest’ultimo punto viene fuori l’anima sociale del banchiere Messina, anima trasmessa dunque alla prima banca italiana negli anni del suo mandato di Ceo: “Cresce molto la povertà. E anche se il nostro Paese sta meglio di altri, bisogna intervenire a sostegno di chi è più in difficoltà. Per questo Intesa ha lanciato un piano di aiuti ai più deboli da 1,5 miliardi in cinque anni (oltre tre miliardi, considerando anche gli interventi nel sociale delle Fondazioni azioniste che utilizzano gli utili derivanti dal buon andamento della banca). Dunque, aiuto ai più deboli e riconoscimento economico ai mestieri strategici poichè la vera differenza tra l’Italia e l’Europa è nei salari e stipendi più bassi, e questa è la vera motivazione del “sonnambulismo” con il quale il Censis definisce gli italiani”.
Di solito, le valutazioni del capo di Intesa hanno un track record di previsioni positive che si sono avverate, a cominciare dalla reazione dei mercati al nuovo assetto politico italiano di un anno fa: “penso di essere realista, credo nella forza della nostra banca e del Paese. E se l’Italia seguirà il percorso europeo, se lavorerà sui suoi punti di forza potrà essere il Paese leader, insieme alla Germania».
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