La Silicon Valley Bank è fallita. L’annuncio della perdita di una perdita di 1,8 miliardi di dollari a seguito della vendita di un portafoglio di titoli da 21 miliardi ha indotto clienti e investitori a ritirare i propri depositi. Solo due giorni dopo è intervenuto il Governo Usa con la decisione di chiudere la banca
di Mario Tosetti
Una delle più importanti banche statunitensi del settore delle startup tecnologiche, la Silicon Valley Bank, è fallita. Si tratta del più grande fallimento della storia del Paese dopo quello del Washington Mutual nel 2008.
Eppure nulla lasciava presagire un epilogo così drammatico da rendere necessario l’intervento del governo Usa. Solo fino ad un anno e mezzo fa la SVB aveva una valutazione di oltre 44 miliardi di dollari, nel 2021 la banca gestiva circa la metà di tutti i fondi impiegati per finanziare le startup complice il fatto che si trattava di una banca specializzata in investimenti tecnologici.
Lo scorso 8 marzo la Silicon Valley Bank ha comunicato una perdita di 1,8 miliardi di dollari a seguito della vendita di un portafoglio di titoli da 21 miliardi, che ha dovuto cedere per coprire il calo dei depositi da parte dei clienti. Per rientrare della perdita, la banca ha allora annunciato una vendita di azioni dal valore di 1,75 miliardi. Il giorno successivo il valore del suo titolo è crollato del 60%.
La notizia del fallimento di SVB ha avuto ovvie ripercussioni negative sui mercati azionari. La segretaria del Tesoro, Janet Yellen, si è affrettata a ribadire che il sistema bancario statunitense è solido. Tuttavia, sono evidenti gli effetti negativi per le società di investimento di capitali attive nel settore tecnologico che utilizzavano la SVB per le proprie attività finanziarie. Infatti, i depositi entro i 250mila dollari saranno garantiti dalla Federal Deposit Insurance Corporation, l’ente che offre garanzie sui conti correnti, ma la quasi totalità degli investitori che aveva cifre molto più alte rischia di non ricevere nulla indietro.
Inoltre l’indice KBW Bank, che traccia l’andamento delle principali banche quotate negli Stati Uniti, ha riportato un calo di oltre il 7 per cento. Un calo notevole al di là di quanto dichiarato da Yellen. Il più forte registrato da giugno 2020, quando ad influire sui mercati era la pandemia. First Republic Bank, una banca con sede a San Francisco che si rivolge a clienti particolarmente benestanti, e presente sull’indice KBW Bank, ha perso oltre il 16 per cento. Il titolo di Wells Fargo è calato del 6 per cento; JPMorgan ha perso il 5,4 per cento, Bank of America il 6 per cento e Citigroup il 4 per cento.
Ma non solo, lo scenario prospettato dal Financial Times vede la SVB come la prima di una lunga serie di banche che potrebbero decidere di vendere i loro titoli in perdita per coprire il ritiro dei depositi.
Il fallimento della Silicon Valley Bank
Per capire cosa è successo occorre fare un passo indietro, la Svb utilizzava il denaro in deposito dei propri clienti per investirlo in bond, strategia utilizzata da molte banche che aveva avuto ottimi ritorni fino a quando non si sono registrati i noti e vistosi aumenti dell’inflazione. La banca centrale Usa (la Fed) ha attuato una politica volta ad aumentare i tassi di interesse che ha avuto dirette ripercussioni negative sul valore degli investimenti della SVB. Inoltre, il generale rallentamento dell’economia ha visto ridursi i nuovi depositi presso la banca, mentre alcuni altri investitori avevano scelto di ritirare i propri fondi su consiglio di alcuni fondi d’investimento.
L’annuncio dello scorso 8 marzo è stato l’inizio di una rapida fine, la vendita dei titoli che la SVB confidava fosse utile a risanare il bilancio ha indotto clienti e investitori a dubitare della solidità della banca, determinando prelievi da parte dei correntisti. Due giorni dopo è intervenuto il governo Usa annunciando la decisione di chiudere la banca per tutelare i proprietari dei conti.
(Associated Medias)- Tutti i diritti sono riservati