Cittadinanza economica, sviluppo sostenibile e circolarità sono stati i temi al centro della prima Assemblea pubblica di FEduF, Fondazione per l’Educazione Finanziaria e al Risparmio. Qui di seguito l’intervento del presidente
di Stefano Lucchini*
I drammatici eventi di questi ultimi diciotto mesi ci lasciano in eredità alcune importanti riflessioni. Le situazioni di crisi – siano esse di carattere economico, alimentare, ambientale, sanitarie o sociale – obbligano a riprogettare il modo di rapportarci con la società e con l’ambiente. Ci sono argomenti che non possono essere procrastinati: come immaginiamo il Paese da qui a vent’anni? Come pianifichiamo la nostra crescita sociale ed economica rispetto agli obiettivi di sostenibilità del 2030?
Le parole del Presidente del Consiglio, di Mario Draghi, sono chiarissime a questo proposito: “Proteggere il futuro dell’ambiente, conciliandolo con il progresso e il benessere sociale, richiede un approccio nuovo: digitalizzazione, agricoltura, salute, energia, aerospazio, cloud computing, scuole ed educazione, protezione dei territori, biodiversità, riscaldamento globale ed effetto serra, sono diverse facce di una sfida poliedrica che vede al centro l’ecosistema in cui si svilupperanno tutte le azioni umane”
Il cambiamento è dunque l’eredita che questo periodo ci lascia. Come lo affronteremo impatterà non solo sulla generazione attuale ma su tutte quelle che seguiranno a cominciare da quella dei nostri figli. La nostra responsabilità è fare in modo che sia una grande occasione di miglioramento.
Poichè il virus ha messo in dubbio le nostre certezze, ha fatto emergere impietosamente tutte le contraddizioni e le divisioni storiche del Paese, ora nella piattaforma della ripartenza deve avere un ruolo importante e vitale, più di quanto siamo riusciti a fare prima, anche l’educazione finanziaria e al risparmio. Sta a noi trasformare la consapevolezza di un ruolo in un programma operativo che si integri con le grandissime sfide che il governo di Mario Draghi ha posto sul tavolo della seconda ricostruzione italiana e le supporti, poiché l’educazione finanziaria per giovani e meno giovani alla vigilia dell’avvento, ad esempio, delle valute digitali è l’equivalente della lingua italiana insegnata dal Maestro Manzi all’indomani della ricostruzione postbellica e del seguente Boom economico.
C’è un grande rischio, lo dico con chiarezza, che si nasconde proprio nel fatto che nessuno, né a parole né nei fatti, può negare o solo contestare la necessità dell’educazione finanziaria come fattore trasversale di crescita sia del vecchio mondo analogico sia del nuovo mondo digitale: il rischio è darla per scontata, affermarne la teorica indispensabilità e poi lasciare le cose come sono proprio perché siamo tutti d’accordo, e spesso le cose sulle quali non c’è dialettica o schieramento avanzano poco e male perché ciascuno magari pensa che siano gli altri a doversi muovere concretamente.
Non cominciamo certo da zero, lo dico con cognizione di causa, perché sin dai primi anni 2000 le banche italiane hanno contribuito concretamente alla diffusione delle competenze economiche di base per i cittadini, impegnandosi nella sistematica programmazione di interventi di educazione finanziaria nella piena convinzione che ciò avesse potuto agevolare la crescita di tutto il Paese. Ma, con altrettanta chiarezza, dico che ora dobbiamo fare il salto di qualità e riuscire a diffonderla in strati sempre più larghi dell’opinione pubblica l’educazione finanziaria. Dobbiamo essere capaci di associare il compito della nostra Fondazione ai temi portanti del Recovery, cioè la transizione digitale e il percorso verso la sostenibilità ambientale e sociale.
Dunque cittadinanza economica, sviluppo sostenibile e circolarità sono i temi portanti sui quali FEduF lavora per catalizzare l’attenzione delle Istituzioni e dell’opinione pubblica, ambiti che possono e devono essere direttamente collegati tra loro dal fil rouge dell’educazione finanziaria.
Siamo davanti ad un’occasione unica di crescita e sviluppo e con condizioni irripetibili che richiedono impegno condiviso e capacità di visione per pianificare interventi strutturali in grado di incidere positivamente sul nostro presente e sul futuro dei nostri figli, e FEduF deve fare per intero la sua parte ed inserirsi tra i protagonisti di questa fase decisiva.
Ma attenzione: il “come muoverci” non è affatto secondario. Credo fortemente che noi dobbiamo porre FEduF come il polo aggregatore di soggetti privati provenienti da differenti settori per meglio lavorare in sinergia con le Istituzioni Pubbliche ad una sorta di Piano Marshall per la ricostruzione della cultura economico finanziaria, poiché l’educazione finanziaria è materia che a tutti gli effetti contribuisce alla definizione dei concetti di legalità e di democrazia, rappresentando non solo uno strumento di tutela e valorizzazione del patrimonio economico individuale e sociale, ma anche un diritto di cittadinanza richiamato dalla stessa Costituzione. Da questo punto di vista, il valore dell’educazione finanziaria non risiede più solamente nell’essere una leva strategica di uno sviluppo equilibrato del nostro ecosistema, ma nell’essere patrimonio comune, passando dalla sfera delle competenze individuali a quella delle competenze pubbliche e, alla stregua della Salute o della Cultura, questo deve essere accresciuto e tutelato. Oggi è necessario investire in una transizione culturale che affondi le radici nel nostro patrimonio di arte, letteratura e scienze “umane” e che contempli allo stesso tempo l’adozione di nuove materie e metodologie, andando a coniugare le competenze scientifiche con quelle umanistiche.
Quindi, vi propongo quattro grandi direttrici di marcia.
La prima: se in ambito economico servono interventi strutturali e continuativi, in un’ottica di lungo periodo, anche per la diffusione dell’educazione finanziaria non è più tempo di iniziative episodiche ma di azioni sistematiche, capaci di aggregare tutte le energie pubbliche e private disponibili e di una regia centrale dedicata a favorire tutte le sinergie possibili;
La seconda. Dobbiamo inserirci nel grande filone della Transizione digitale perché è lì che l’educazione finanziaria deve essere uno dei volani della svolta: così come abbiamo assistito alla democratizzazione dei trasporti negli anni del Boom Economico, a quella del lusso degli anni ’80 o a quella delle comunicazioni tra il ’90 e il 2000, oggi ci troviamo di fronte ad una vera e propria democratizzazione dei servizi finanziari, che non può prescindere da altri due concetti fondamentali: conoscenza e condivisione. Democratizzazione, cultura, Fintech e educazione finanziaria sono quindi inscindibili poiché l’accesso ai servizi determinato dalla tecnologia presuppone che gli utenti non solo conoscano le modalità per investire i propri risparmi o effettuare calcoli, ma siano consapevoli di tutta una serie di decisioni e azioni che ognuno di noi intraprende dai tempi della scuola al momento della pensione e si lega strettamente al concetto di “inclusione finanziaria”, quindi a quelli di inclusione sociale e di cittadinanza.
Ha scritto qualche giorno fa il mio amico Donato Masciandaro, docente di economia politica alla Bocconi e grande esperto di sistemi monetari (foto sn): “Quasi sempre il nuovo mondo digitale mette di fronte al consumatore prodotti e servizi che accoppiano due caratteristiche, sono molto facili da usare, ma al contempo è molto più difficile capire se davvero i vantaggi che promettono in termini di efficienza, stabilità, remunerazione ponderata al rischio, siano davvero affidabili. Nell’anno dantesco, viene naturale la metafora del cittadino che, di fronte a una selva di promesse, ha bisogno di un Virgilio che prima lo aiuti a capire e poi gli consenta di formulare, in autonomia, un giudizio per poter prendere le sue decisioni. L’educazione finanziaria deve andare mano nella mano con la tutela del risparmio. Soprattutto ora: l’aumentata digitalizzazione, anche forzata, post-pandemia deve essere occasione per ridurre le diseguaglianze, non rischiare di aumentarle”.
La terza direttrice è, appunto, quella sociale: l’educazione finanziaria, sia chiaro, non è e ovviamente non può essere la panacea per tutte le situazioni di fragilità economica indotta dalla pandemia e dalle nuove disuguaglianze che essa ha creato, ma certo non è utile solamente a chi ha soldi da investire. Essa è uno strumento importante anche per chi si trova in situazioni di svantaggio ed è spesso incapace di qualunque forma di programmazione oppure non ha avuto accesso finora ai servizi finanziari. Dobbiamo dunque fare in modo che il processo di educazione finanziaria delle persone cominci davvero sui banchi di scuola e poi continui, perché la vita di una persona è caratterizzata da fasi di guadagno e di spesa molto diverse e dal susseguirsi di decisioni finanziarie di cruciale importanza per garantirsi una vecchiaia serena, specie in un contesto dove l’incertezza per l’importo o l’esistenza stessa dell’assegno pensionistico è crescente.
La quarta direttrice punta sulla leva della comunicazione per dare valore condiviso nella società a quanto abbiamo detto sinora. Altrimenti, rischiamo di restare nel pianeta delle buone intenzioni. So bene, e condivido questa preoccupazione con voi, che non è facile: proprio perché nessuno a parole è contrario, è più difficile passare all’adesione fattiva e quindi dobbiamo porre il tema della diffusione dell’educazione finanziaria come una sfida professionale innanzitutto per noi stessi e poi per i professionisti del settore. Dobbiamo sperimentare strade nuove, essere laddove la società civile ha dato gran prova di sé anche durante la pandemia (penso ai supermercati), capire quali influencer (in senso lato) possono aiutarci a mettere a terra contaminazioni inedite. Magari, e non è una provocazione, cominciare anche da un nuovo e diverso acronimo della Fondazione poiché, ne siamo tutti convinti, esso è, come dire, poco attrattivo.
Non siamo soli: sappiamo che Mario Draghi da Palazzo Chigi e Ignazio Visco da via Nazionale condividono i nostri progetti, soprattutto se sono ambiziosi, ben calibrati e in grado di ottenere i risultati che ci prefiggiamo. Non siamo soli perché sono convinto che l’opinione pubblica sia pronta per seguirci. Non siamo soli perché siamo in grado di coinvolgere le scuole e i corpi intermedi. Dobbiamo solo farlo, con linguaggio e forme nuove per rivestire un bisogno antico perché già Francesco Guicciardini a cavallo tra il Quattrocento e il Cinquecento scriveva che “la prudenza dell’economia non consiste tanto nel sapersi guardare dalle spese, che molte volte sono necessarie, quanto il saper spendere con vantaggio”.
Sono certo che riusciremo a mettere a terra le più importanti riflessioni che abbiamo condiviso oggi. Per un futuro migliore, e per avere qualche inadempienza in meno rispetto ai nostri figli.
* Stefano Lucchini è Presidente della Fondazione per l’Educazione Finanziaria e al Risparmio e Chief Institutional Affairs and External Communication Officer
Intesa Sanpaolo(Associated Medias) – Tutti i diritti sono riservati