Nelle stanze della politica si lavora riservatamente alla nascita di una nuova formazione politica di centro, d’ispirazione europeista, antipopulista in grado di rassicurare i mercati e di fare della competenza la propria cifra distintiva. Obiettivo le prossime politiche, dentro anche nomi della società civile come Marina Berlusconi e Urbano Cairo.
di Guido Talarico
In un prossimo futuro potrebbe nascere un partito che va da Berlusconi al Pd. Si potrebbe chiamare “Forza Italia Viva”, sintesi dei due partiti esistenti, ed avere come presidente oggi Silvio domani Marina Berlusconi e come segretario Matteo Renzi, con dentro esponenti di calibro come l’attuale ministro della difesa, Lorenzo Guerrini, e nomi importanti della società civile come Urbano Cairo, editore del Gruppo Rizzoli Corriere della Sera. Fantapolitica? Forse al momento può apparire così, come una forzatura di qualche dirigente politica o una suggestione giornalistica. Però c’è chi ne discute, anche in termini operativi, e lo fa partendo dagli accadimenti degli ultimi 18 mesi.
Per capire realmente quel che sta accadendo in quella vasta area politica che va dall’ala destra del Partito Democratico fino a Forza Italia, la cui tipologia di elettorato un tempo sarebbe confluita tutta nelle accoglienti braccia della Democrazia Cristiana, occorre fare un passo indietro e partire da quello che solo 18 mesi fa sembrava il nuovo padrone d’Italia, Matteo Salvini. A quell’epoca, poco prima del Papeete per intenderci, il leader della Lega raccoglieva il consenso di una campagna elettorale, camuffata ma potente, fatta dallo scranno di Ministro degli Interni e giocata sul terreno a lui più consono: la polemica da duro e puro scandita da otto messaggi sui social al giorno, con foto in felpa didascalica, pubblicati puntualmente poco prima dei telegiornali in modo da essere rilanciati dalla grancassa pubblica.
Un martellamento che produceva i suoi buoni frutti. Nell’agosto del 2019 i sondaggi infatti davano la Lega abbondantemente e stabilmente sopra il 30%. Risultati da vertigini che poi però hanno portato il leader leghista a fare più di un errore di valutazione. Errori che cominciano con l’uscita dal primo Governo Conte e arrivano alla frattura con Forza Italia di questi giorni. Come sappiamo, Salvini, abbandonando il governo partorito con il Movimento 5 Stelle dopo il voto, sperava di andare subito alle elezioni e così di incassare l’onda elettorale che sentiva montare possente alle sue spalle. Non aveva però calcolato né la furbizia di Matteo Renzi, nè il pragmatismo del Pd e tantomeno il desiderio dei 5 Stelle di non lasciare i loro irripetibili posti in parlamento.
Ma il ribaltone governativo è cosa nota. Gli errori successivi sono invece meno evidenti e sono di matrice geopolitica, materia che ignora o trascura la maggior parte dei politici italiani. In politica estera Salvini ha fatto tutte scelte che gli si sono ritorte pesantemente contro. La prima, e forse la più grave, è quella europea. Qui la Lega ha voltato le spalle al Partito Popolare Europeo e a quella Ursula von Der Leyen, poi diventata presidente della Commissione, per schierarsi con i sovranisti continentali più estremi. Con questa mossa, di fatto, Salvini si è giocato l’Europa. Tralasciando altre mosse sbagliate ma di natura diversa (ad esempio il dossier Russia), un altro errore non trascurabile è stato volersi appiattire su Donald Trump, scommettendo sulla sua rielezione. Un Trump che per altro non ha mai ricambiato le disponibilità leghiste, neppure quando lui stesso era in testa ai sondaggi. La vittoria di Joe Biden, che con la Lega ha rapporti sottozero, allontana definitivamente Salvini da Washington. Ora, e questo lo sanno anche gli studenti del primo anno di Scienze Politiche, è cosa nota che in Italia con l’Europa e gli Stati Uniti contro non si fa molta strada. Scenario che invece al Cavaliere è molto chiaro.
E qui veniamo alle cronache degli ultimi giorni con un Silvio Berlusconi che si dice pronto, per il bene del paese, a sostenere il Governo di Giuseppe Conte, con un Goffredo Bettini, che sta al PD come il suo amico Gianni Letta sta a Forza Italia, che parla di sforzi responsabili e apprezzabili di Forza Italia alzando così la palla al segretario del suo partito, Nicola Zingaretti, che arriva e schiaccia sdoganando l’aiuto esterno berlusconiano. Un cerchio che si è chiuso rapidamente. Tutto questo movimento ha due conseguenze. Da un lato rafforzare il Governo, dall’altro dividere il centro destra, dall’altro ancora, ed è la novità maggiore, creare le premesse per la nascita di quella formazione politica centrista di cui dicevamo all’inizio, che qualcuno appunto ha già concepito politcamente e battezzato appunto con il nome di Forza Italia Viva.
Questo nuovo partito di centro avrebbe tante ragioni di esistere. Una non trascurabile è più contingente è Silvio Berlusconi. Il Cavaliere spesso è come quello Nero di proiettiana memoria: le cose sue le devi lasciare perdere. Un Governo che difende per legge le aziende berlusconiane dalle scorribande estere, in primis quelle dei francesi, non dovrebbe essere contrastato da fuoco amico. Ed invece Salvini si è mosso proprio in questa direzione. Da qui le ostilità e una spaccatura tra i due che ad oggi risulta alquanto profonda. Ora, si sa, la politica postideologica e come la palla, rotonda, quindi può succedere tutto ed il suo contrario nel giro di uno schiocco di dita. E la telefonata tra i due, faticosamente cercata dai pontieri, effettivamente poi ci è stata ma è servita soltanto a fare scendere un po’ i toni e a certificare che a Berlusconi questo Tiki Taka giocato nel centrocampo della politica, dando un colpo agli amici e uno agli avversari, fa bene, gli ridà smalto e centralità.
Ciò detto la nascita di un partito come Forza Italia Viva è un progetto che va oltre le recenti divisioni con la Lega. Il nome poi, ci spiegano, mantenendo al suo centro la parola Italia, con i due aggettivi ne definirebbe meglio gli intenti: con il “Viva” renziano che andrebbe a restituire vigore alla “Forza” berlusconiana. Una forza che arriva dal passato – è la spiegazione – per un futuro più vivo che mette al centro il nome e quindi il destino paese. Ma al di là delle suggestioni che l’unione delle due sigle possono evocare, questa nuova formazione politica potrebbe mettere insieme tanti interessi ed anche generazioni politiche diverse. Vediamo come. Intanto, come detto, rivitalizza un Berlusconi che negli ultimi anni, per una serie di ragioni, era finito ridimensionato dalla Lega e da Fratelli d’Italia. Lo rianima nel breve ma, con la presidenza da affidare un giorno a Marina, gli da una prospettiva ulteriore che a sua volta centra due obiettivi importanti: tutela la galassia imprenditoriale di famiglia, a cominciare da Mediaset e Mondadori, mantiene in vita la sua creatura politica. Con una Marina Berlusconi, che, a sua volta, benché abbia sempre declinato l’idea di scendere in campo per la politica, con un ruolo di sola rappresentanza istituzionale consoliderebbe, in famiglia e nel partito, il ruolo di erede principale del padre. E un discorso analogo vale per Renzi che dopo l’uscita dal PD, alla quale è stato costretto perché di fatto il partito non lo riconosceva più come suo leader, troverebbe così una casa ben più solida e prospettica di quella fragile che ha attualmente.
Ma la nascita di Forza Italia Viva interessa anche a tutta quella cospicua fetta di politici ed imprenditori che vedono nell’area di centro un fertile e più efficace territorio di sviluppo. Oltre ai citati Renzi, Guerrini e Cairo, e ai berlusconiani di stretta osservanza, nella nuova formazione potrebbero confluire anche una serie di personalità oggi in cerca, per dirla con Battiato, di un loro “centro di gravità permanente”. Gente come Giovanni Toti, Mara Carfagna, forse anche Carlo Calenda e forse anche l’attuale Premier Giuseppe Conte, e comunque tutti quei centristi figli e nipoti della diaspora democristiana, oggi parcheggiati a destra e manca.
Questa nuova area politica, al di là degli interessi dei singoli, sbloccherebbe poi una serie di partite di un qualche rilievo. In primo luogo, drenerebbe consensi ai due partiti usciti vittoriosi dalle ultime consultazioni elettorali, vale a dire Movimento 5 Stelle e Lega. Poi consentirebbe di gestire la partita
della elezione del Presidente della Repubblica, dando maggiore forza a candidature di chiaro stampo atlantico ed europeista, in primis quella di Mario Draghi, a seguire quella del presidente in carica, Sergio Mattarella. Infine, un partito come Forza Italia Viva, che potrebbe tranquillamente portare a casa un risultato elettorale compreso tra il 12 e il 15 per cento, renderebbe molto felice il Partito Popolare Europeo, una famiglia politica da sempre molto influente a Bruxelles.
Insomma, per ora sono forse soltanto suggestioni o al più ragionamenti prospettici di chi conosce e opera nel mondo politico italiano. Forse alla fine il nome prescelto non sarà Forza Italia Viva, ma uno più innovativo e meno didascalico, e non tutti i personaggi che circolano oggi saranno quelli giusti. Vedremo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Tuttavia, che questa sia la strada più indicata ed il momento più adatto per dare vita ad una forza moderata di centro appare indiscutibile. In un momento così difficile per il paese, in cui tanti tirano la cinghia e troppi hanno tirato la corda, la necessità di riequilibrare gli opposti populismi con una forza moderata e competente appare come una esigenza reale del paese, prima ancora che come una trovata dei palazzi.
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